16 settembre 2010

Finalisti Premio Biblioteche di Roma sezione saggistica: Biblioincontri d'Autore



 
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, Milano, Feltrinelli, 2009

GIOVEDI’ 11 NOVEMBRE ore 18.00 Biblioteca Sarti – P.zza dell’Accademia di S. Luca, 77





Gad Lerner, Scintille, Milano, Feltrinelli, 2009

GIOVEDI’ 25 NOVEMBRE ore 18.00 Tempio di Adriano – P.zza di Pietra
 introduce Maria Serena Palieri




Riccardo Staglianò, Grazie, Milano, Chiarelettere, 2010

MERCOLEDI’ 6  OTTOBRE ore 18.00 Biblioteca Sarti – P.zza dell’Accademia di S. Luca, 77,  introduce Bia Sarasini







Gad lerner, Scintille, Feltrinelli, 2009
Una storia molto avvincente, che compensa la fatica di leggere un libro solo apparentemente “pesante”.
Gad, bravissimo giornalista, diventa un valente scrittore nel narrare la storia della sua famiglia, di come lui e i suoi genitori riescono, grazie al caso, a non finire vittime della Shoah. E il racconto ci mostra subito la duplice nazionalità cui Lerner fa riferimento: di nascita è libanese, come la madre. Il Libano è la terra dove i suoi si sono sposati, dove è cresciuta la madre, Tali. Ma – ovviamente – Lerner si sente ebreo, come il padre (il vero Lerner, come soleva dirsi suo padre  Moshe). E la storia ha inizio proprio a Beirut, sulla splendida via detta “la Corniche”, credo una sorta di lungomare, a quanto si vede in una delle fotografie.
La cosa che trovo splendida, a me – non ebreo ma da sempre attratto da tante caratteristiche riscontrate in tutti gli ebrei che ho conosciuto, prima tra tutte l’intelligenza e l’amore per la cultura – in questo libro, è la profondità in cui si è sommersi man mano che si procede nella sua lettura. Profondità di pensiero, prima di tutto. Gad effettua un viaggio, che lo porta prima in Libano, poi in Israele ai tempi della guerra tra Israele e confinanti (Libanesi, Palestinesi…) – viaggio effettuato in parte con l’aiuto del contingente Italiano presente in Libano – e infine (non ricordo se quest’ultima parte del viaggio è stata effettuata in un tempo diverso) in Galizia, alla ricerca delle tracce dei suoi nonni, trucidati ai tempi delle persecuzioni degli ebrei polacchi, di cui è originario il ceppo dei Lerner.
Ci sono, nel libro, delle “costanti” che caratterizzano tutta la storia: il perpetuo “esodo” degli ebrei è spiegato dall’autore con il comandamento “Lech lechà”, che vuol dire qualcosa del tipo: “lascia la casa del padre”. Un concetto bellissimo, che viene fuori dalla visita dei luoghi della Galizia, è quello del gilgul, che significa “anima vagabonda”, e che riecheggia il comandamento precedente. L’autore percepisce in un bosco vicino alla cittadina di Boryslaw, non lontano da Leopoli, questo girovagare di anime nei luoghi propri degli stermini nazisti e russi degli ebrei locali.
Non voglio raccontare tutta la storia, che è piena di considerazioni personali di Gad (il nome con cui il padre lo chiamava da bambino era Dadone), della sua vita, del suo buon rapporto con la madre (intuito, più che descritto) e del suo pessimo rapporto con il padre, di cui però Gad accusa proprio il genitore stesso. Voglio però insistere su alcuni aspetti della religione ebraica, forse presenti molto chiaramente in questo libro, e non trasparenti in quasi nessun altro autore di religione ebraica (come Primo Levi, ad esempio, e tanti altri ebrei italiani). Pur senza dirlo apertamente, il modo in cui Gad parla del suo essere ebreo, fa trapelare l’aspetto religioso come fondamentale, per un ebreo, senza che questo sembri – come per altri autori – un tratto essenziale dello status del Lerner scrittore e giornalista, e senza che questo porti fuori problemi di cittadinanza culturale, etnica e politica.
Etnicamente, Lerner sottolinea il sentirsi piuttosto cittadino italiano, anche se rimprovera le leggi italiane di averci messo trenta anni a concedergli la cittadinanza. E questo lo fa anche affrontare la storia che racconta – in fondo la storia della sua vita – con l’entusiasmo tipico di un italiano, anche quando parla di cose spiacevoli, come la scoperta, non completamente verificata, della fine dei nonni materni e dei bisnonni. Il libro si fa leggere agevolmente, pur essendo un libro personale che racconta una vicenda molto personale e quindi non condivisibile completamente come una altra storia o saggio letterario qualsiasi. E la storia diventa sempre più avvincente, proprio per un lettore che non conosce la materia dell’ebraismo.
A proposito del quale, a differenza di altri testi che presentano la Shoah, o fatti ad essa collegati, l’autore qui ci fa sentire come sia per lui doveroso il pensiero ai suoi parenti defunti, e riporta un bellissimo esempio di preghiera ebraica verso i defunti, il Kaddish (che potrebbe essere l’equivalente del cristiano Requiem aeternam), che è già di per se un esempio struggente di come il pensiero delle “anime vagabonde”, provato dall’autore nelle terre galiziane, ove appunto pare che siano scomparsi alcuni dei suoi nonni, sia già in sé una preghiera, cui il kaddish aggiunge l’aspetto realmente religioso. Mi sono trascritto il kaddish, per la bellezza del concetto che ne è alla base.

(Lavinio Ricciardi   - Circolo dei Lettori della Biblioteca Villa Leopardi)


Riccardo Staglianò, Grazie, Chiarelettere, 2010
Ecco perché senza gli immigrati saremmo perduti, dice il sottotitolo del libro, che in ventiquattro capitoli esplora il mondo delle attività economiche che impiegano mano d'opera straniera. Staglianò non usa parole che parlano al cuore e alla coscienza del lettore, come accoglienza e solidarietà, parla invece di qualità della vita (la nostra e la loro), di capacità di adattamento a lavori fastidiosi e maleodoranti (che noi ci rifiutiamo di fare), di persone in grado di sacrificare anni della loro vita per consentire a noi di vivere la nostra. Per far questo l'autore non usa statistiche né categorie generali come popolazione, tassazione e occupazione, ma racconta storie, perché è solo narrando una storia che la comprensione diventa globale e la memoria indelebile.
Benur che fa il pescatore a Mazara del Vallo, Roman camionista nel nord est, i raccoglitori di frutta in Trentino e di verdura a Caserta, i cavatori di pietra in val di Cembra, Bureim conciatore nel vicentino, gli inservienti sikh negli allevamenti di bovini, i macellai nelle industrie dei polli AIA a Nogarole Rocca, gli operai nelle fonderie nel bresciano, gli africani che fanno raccolta differenziata manuale a Vedelago in un'azienda premiata dall'Unione Europea. Storie di persone che lavorano nel nostro paese per il nostro paese. Senza di loro tante attività economiche dovrebbero ridimensionarsi drasticamente, o delocalizzarsi in paesi a basso costo di mano d'opera, oppure chiudere e basta. L'indotto crollerebbe. Sarebbe la povertà per intere regioni del paese.
Senza badanti, infermieri, addetti alle pulizie, facchini nelle imprese di spedizioni, tate e colf, la vita quotidiana di tutti noi finirebbe nel degrado.
Ventiquattro capitoli perché ciascuno corrisponde a un'ora della giornata, offerta agli italiani dagli stranieri. Senza dimenticare i calciatori (un terzo dei professionisti in serie A è straniero), i preti (in Umbria il 50% dei preti sotto i quarant'anni non è italiano) e le prostitute (straniere il 98% del totale).

(Rita Cavallari - Circolo dei Lettori della Biblioteca Villa leopardi) 

2 commenti:

  1. Inchiesta giornalistica sull'immigrazione molto partecipata dal punto di vista delle condizioni di vita, dello sfruttamento salariale e dei diritti sindacali dei lavoratori. L'autore fa una cronistoria di 24 ore e racconta per ogni ora del giorno una categoria di lavoratori ispirato da considerazioni economiche, quali il rischio di destabilizzazione sociale cui è esposto il nostro Paese caratterizzato da una minore percentuale di popolazione attiva rispetto alla media dell'Unione Europea e l'investimento pesante sull'immigrazione che di fatto costituisce gli ultimi anelli della catena professionale citando le parole dell'ex ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu. L'autore accusa l'atteggiamento xenofobo trattando tra gli altri i casi di lavoratori stranieri che non dichiarano l'alto livello di scolarizzazione per timore di non ottenere incarichi che vengono rifiutati dagli italiani.
    Dalle testimonianze raccolte risalta prosasticamente il vissuto dei personaggi raccontato in maniera colorita pur se poco scorrevole.
    Durante l'incontro con i lettori sono stati proposti tre capitoli particolarmente efficaci: quello sui lavoratori del pollame, il mestiere più atroce, descritto anche da Tony Horwitz sul Wall Street Journal vincendo il Premio Pulitzer nel 1995; quello sulle badanti, un lavoro di altissima umanità che le ha graziate dal reato di clandestinità facendole apparire delle privilegiate e per ultimo il capitolo sui benzinai, il più divertente e degno della miglior epica romanesca.
    È un saggio di attualità su un tema sociale ancora aperto di cui sono presentati in tono provocatorio solo gli aspetti positivi, meritevole per la ricerca giornalistica e la denuncia all'opinione pubblica.

    (Carmen Giagnacovo - Circolo LUMSA)

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  2. Gad Lerner, Scintille, Milano, Feltrinelli, 2009

    "Onora tuo padre e tua madre" è il quarto Comandamento consegnato da Dio a Mosè sul monte Sinai e il prologo dell'opera di Lerner che parte alla ricerca del filo della memoria familiare ripercorrendo i luoghi della memoria storica del novecento.
    Lerner è depositario patrilinearmente di una cultura europea di tradizione galiziana ucraina e matrilinearmente di una cultura levantina libanese.
    Della Galizia ebraica l'autore evoca oltre alla vivacità culturale anche l'annientamento nell'arco di tre anni di una comunità yiddish radicata da almeno cinque secoli. La Polonia detiene il triste primato di vittime dell'Olocausto nonostante nell'Ucraina attuale viga la separazione della memoria, per cui quando si parla di genocidio ci si riferisce alle deportazioni ed al terrore di Stalin. Un'impressionante linea longitudinale, da nord a sud, dal mar Baltico al mar Nero, contrassegna di fosse comuni l'avanzata della Wehrmacht, le forze armate tedesche, tra l'estate e l'autunno del 1941.
    Definendosi turista della memoria Lerner trascina il lettore alla scoperta delle pagine più dolorose della storia del novecento ripercorrendo gli eccidi perpetrati dalla follia hitleriana della Soluzione Finale.
    Di Beirut, definita recinto di beatitudine illusoria, l'autore descrive la mondanità ed il lungomare, la cornice, in cui la gente del posto ha l'abitudine di riunirsi per ammirare il tramonto. Il Libano è il principale polo culturale del Medio Oriente e lo splendore e l'atmosfera cosmopolita di Beirut le ha fatto meritare l'appellativo di Parigi del Medio Oriente.
    Un'indagine molto interessante che segue il doppio binario della cronaca e dell'autoanalisi alla ricerca della verità storica e del recupero della relazione con i familiari in vita e con quelli ai quali è sopravvissuto.

    (Carmen Giagnacovo - Circolo LUMSA)

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