30 novembre 2010

VIDEOINCONTRI: Umberto Galimberti presso Biblioteca Romana Sarti



Umberto Galimberti incontra i Circoli del Pre.mio Biblioteche di Roma - I parte

Umberto Galimberti incontra i Circoli del Pre.mio Biblioteche di Roma - II parte

Umberto Galimberti incontra i Circoli del Pre.mio Biblioteche di Roma - III parte

Umberto Galimberti incontra i Circoli del Pre.mio Biblioteche di Roma - IV parte

a cura di Paola Tinchitella


Premio Biblioteche di Roma - VIII Edizione, Sezione Saggistica, 11 novembre 2010


Incontro con Umberto Galimberti, autore de "I miti del nostro tempo"

di Lorena Carpentieri

"I miti del nostro tempo", secondo Umberto Galimberti, sono quelle idee genericamente diffuse anche quando non sono, o non sono più, esaustive della comprensione della realtà del singolo e della società.
C'è del vero in esse, che non sono quindi false; ma non del vero assoluto: ci dobbiamo ri-flettere.
Dal mito dell'amore materno, il primo dei miti individuali a quello della razza tra i miti collettivi, due miti "di pancia", a chiudere un cerchio su miti, analizzati razionalmente, con i "lumi" della ragione.
Come vi è dell'odio, misto all'amore, pur così grande, nelle madri per i propri figli, senza essere tutte delle Medee infanticide: basta che i padri non le lascino sole. Così vi è qualcosa di buono anche nell' Altro, che pur respingiamo, per paura: perché in lui vi è qualcosa di noi e perché il primo Altro per noi siamo noi stessi. Accomuno i due miti "di pancia", perché per noi donne, il figlio è l'Altro dentro di sè che prevale.
I miti di Galimberti (ma già Pietro Citati intitolò un suo saggio "I miti di oggi. L'armonia del mondo") sono idee su cui riflettere sinceramente, perché non sono (più?) luoghi di verità. Come la giovinezza e la vecchiaia, la bellezza e la tecnica, il mercato e la guerra, affascinanti perché rassicuranti, ma sempre idoli.
Anzi, volendo sintetizzare i miti individuali e i miti collettivi, di cui alle due parti del saggio, si possono eleggere quelli d Felicità e del Denaro. Ma guarda caso un detto popolare li ricomprende quando sentenzia che "il denaro non dà la felicità". E allora?
 Allora bisogna circostanziare le cose e le parole che esprimono: la felicità l' eudamonia greca (e Galimberti si è autodefinito ieri "greco"), ovvero la realizzazione del daimon, la propria vocazione; ma come è scritto sul frontone del Tempio di Delfi "secondo misura". La felicità non è immagine, ovvero bellezza e giovinezza a tutti i costi, ottenute in modo innaturale, un eterno presente che non finisce mai. Mentre il denaro, ormai un mezzo assurto a fine, e fine sommo per molti di noi, ci procura beni sempre più fragili e meno duraturi, cose che devono durare poco per alimentare il mercato. All'insegna del consumismo di massa e del capitalismo multinazionale, che è sviluppo, ma non sempre progresso, perché il progresso non è solo quantità, ma soprattutto qualità.
I miti pure sono diffusi, globalizzati anch'essi; ma la mondializzazione delle cose ha compromesso l'universalità dei valori. I valori, mortificati, vanno riscoperti; con consapevolezza e coraggio di cambiare.
E Galimberti, filosofo e osservatore della natura umana e delle sue vicende, smaschera i luoghi comuni, i falsi idoli di oggi, in un saggio corposo, analitico, a volte impietoso. Perché se le cose cambiano, devono cambiare anche le parole che le rappresentano. E per cambiare le idee stantie, ci vuole coraggio.  
E alla pars destruens, come ho accennato nell'intervento all'incontro con lo scrittore e pensatore, dovrebbe seguire la pars costruens (come prescriveva Bacone), ovvero azioni coerenti. Secondo me, pur nel sistema di cui facciamo parte, non dobbiamo rinunciare alla nostra parte, pur di nicchia di persone che pensano.
Quindi, "Pensare di più" come ci esorta Galimberti, come già l'insegnamento di Socrate ai giovani ateniesi era "Conosci te stesso" (sul  Tempio di Delfi)  e l'invito ad un'esistenza autentica per Nietzsche fu "Diventa ciò che sei" (da "Ecce homo"). Noi li leggiamo e li e-leggiamo a buoni maestri, e facciamo qualcosa.

Roma, 12 novembre 2010

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